martedì 20 agosto 2024

RICCIOLE

Linosa, è una delle isole Pelagie (5,43 km2, circa 420 ab.) 20 miglia a NE di Lampedusa. Quasi equidistante dalla costa siciliana e da quella africana (79 miglia ca.)

Agosto 1986- Bene, sto bene ma non lo trovo. Ho tirato fuori dal borsone tutto il suo contenuto ma non c’è: e questo è veramente incredibile perché stamattina alle 10 c’era…pronto all’uso. Angela, deve essere stata lei a prenderlo per dispetto, si sarà rotta definitivamente le scatole delle mie “pescate” quotidiane, mattina e pomeriggio, la sera no, ci mancherebbe che abbia un ruolo inferiore a quello di una cernia.
– Eh? Che ne dici? Sai cos’è? Uno scorfano di quasi 800 grammi, guarda che meraviglia. L’ho beccato in un anfratto di roccia a meno di 5 metri, era perfettamente mimetizzato ma non mi ha fregato, sono…
 – Devo cucinarlo? – lo guarda con indifferenza – oppure lo fai essiccare e lo esponi in bacheca?
Mi fa incazzare da morire e lo sa, un po’ però ha ragione: la porto in un posto dove la temperatura media è 37 gradi e la profondità media entro i 50 metri da riva è 10 metri, lei nuota maluccio e non distingue un sarago da una spigola
– Angelina, dai, in fondo t’ho lasciata sola meno di 2 ore; eri lì bella tranquilla a prendere il sole…secondo me non te ne sei manco accorta che mi ero buttato un po’ in acqua.
– Enzo smettila! Ma che cosa hai nella testa? Mi pianti su uno scoglio a carbonizzarmi per ore e poi pensi che io stia qui in adorazione davanti a questi poveri pesci morti, intenta ad ascoltare la storia della loro ex vita! Sei uno stronzo e del tuo scorfano non mi frega niente!
E’ bellissima. Il seno le si muove per il respiro acceso, mi avvicino e lei mi pianta in faccia gli occhi neri e pieni di brace. Che devo dirvi, il profumo della crema solare mista a quella della pelle ha ucciso qualsiasi intenzione di dialogo e ha dato il via ad altre intenzioni; me la porto vicino, sono un pezzo d’acciaio. Lo scorfano è caduto a terra. Anche adesso che ci sto pensando mi sento eccitato: guardo l’ora, le 17, bene, il mare ha una specie di fremito leggero e l’odore della salsedine mi fa sentire vivo. Bene, sto bene ma il mio arbalete da 1 metro e 80 a fiocina singola con elastici in caucciù da 150 mm è sparito. Al suo posto mi è rimasto un ridicolo ministen ad aria compressa da tana (quello dello scorfano, per intenderci). Va bene, poi ne parliamo, adesso calma e piano d’immersione: ho si e no 1 ora e mezzo di tempo perché stasera passeggiata al chiaro di luna e…replica dell’intermezzo delle ore 13, un fuciletto da Pierino e il lupo e i fondali più stupidi di Linosa davanti. Però 40 metri a sinistra dopo la punta c’è un gruppo di grossi massi poggiati sul fondo a circa 15 metri: l’altro ieri mentre sguazzavo con Angela ho dato un’occhiata con la maschera dalla superficie e qualche ombra scura l’ho vista muoversi. Cerniotti di 1 o 2 chili probabilmente o, forse, ombrine; ma qui è un paradiso, una specie d’acquario con libera entrata, mal che vada prima di uscire sparo al primo polipo che vedo.
L’acqua mi abbraccia allegra come sempre ed io galleggio a malapena perché mi sono zavorrato negativo per scendere più in fretta. Mi guardo attorno: la linea dell’orizzonte davanti e l’orlo nero della costa dietro. Respiro a fondo è tutto a posto: mare fammi entrare e concedimi i tuoi favori…testa sott’acqua. Pinneggio piano verso la punta mentre scandisco il tempo col mio respiro attraverso il boccaglio. Un piccolo branco di salpe fugge spaventato al mio passaggio, cambiano colore a seconda della luce che colpisce il loro corpo, prima argentee poi diventano evidenti le righe verdi longitudinali…ma sono già lontane. Provo a scendere qualche metro ed è tutto un fuggi fuggi generale di pesciolini colorati, solo i tordi s’infrattano fra le alghe sperando di non esser visti ma i tordi sono i pesci più stupidi del mondo e hanno una carne scipita e molliccia. Ecco i grossi massi, l’acqua è di cristallo, come se non ci fosse niente fra me e questo mondo incantato: sto bene, in acqua sono sempre stato bene fin da bambino, all’acqua ho raccontato i miei segreti e lei mi ha risposto con trasporto e suadente magia. Un’amante perfetta. Pinneggio piano, non voglio far rumore: non si vede niente, niente di interessante…ma non significa che ci sia il vuoto. A Linosa, figuriamoci. Respiro profondamente, varie volte, mi rimpinzo i polmoni d’aria. Non penso a nulla. Capriola e comincio a scendere. 4 metri, compenso. Non si vede niente, fondali vuoti. 7 metri, ora i 2 massi sono bene in vista. Compenso 12 metri, compenso. Sono più profondi di quanto immaginassi e abitati però. Ben abitati, uno due, tre cerniotti passeggiano placidi accanto alla base del primo masso. Non devo perdere tempo e concentrazione, un paio di spinte e sono a meno 15, la temperatura adesso comincia a farsi sentire nonostante la muta. C’è un cerniotto separato dagli altri, piccolo, non più di 3 chili e completamente scemo perché adesso si è messo a candela e mi guarda curioso mentre filo veloce verso di lui. Fanno così se non hanno mai visto un uomo in acqua, credo che fra un paio di secondi non vedrà mai più niente. 18 metri, tolgo la sicura e muovo lentamente il braccio, non posso sbagliare, non a questa profondità.

Vengono fuori dal nulla, dal blu profondo, inaspettate come il senso dell’universo dentro la luna una sera d’estate. Non le ho sentite: un branco di enormi ricciole, pelagici d’alto mare, un centinaio di siluri d’argento con una riga gialla sulla parte alta del dorso. Sono bellezza e forza allo stato puro, un punto esclamativo ficcato dentro il mio cervello. Io sono lì, una virgola sospesa a mezz’acqua con una stupida appendice in mano, vergognoso come un ladro. Mi girano attorno coi grandi occhi lucenti ma non mi guardano; sento l’acqua che spostano, sono esemplari che superano i 30 chili. Un giro, due giri, un colpo di coda sincrono e…non ci sono più. E’ il diaframma che batte in alto a riportarmi a me stesso: da quanto sono sotto? Meglio non chiederselo è tempo perso e io non posso perderne più: sgancio i pesi dalla cintura e volo verso la superficie come un razzo, in apnea si può e arrivo all’aria in un orgasmo di ossigeno. Mi calmo lentamente e già è quasi sera: Angelina ha ragione non mi accorgo del tempo quando sono laggiù. Stasera le dirò che l’amo e ci sarà una luna che poi scomparirà per lasciare spazio a un oceano di stelle; il profumo del timo e del ginepro si fonderà con la sua pelle di donna e sarà bella e misteriosa come il mare scuro che ci circonda ovunque. Non faremo all’amore perché sarò troppo emozionato ma lei se ne accorgerà da un piccolo tremore mentre la bacio; mi spingerà il viso verso l’alto e mi chiederà… E io glielo dirò che ho incontrato il mare e finalmente lei tutta presa mi dirà: racconta.

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